Art. 73, comma V, D.P.R. 309/90 e sequestro facoltativo del denaro, profitto dello spaccio

Art. 73, comma V, D.P.R. 309/90 e sequestro facoltativo del denaro, profitto dello spaccio
06 Luglio 2018: Art. 73, comma V, D.P.R. 309/90 e sequestro facoltativo del denaro, profitto dello spaccio 06 Luglio 2018

Con sentenza ex art. 444 c.p.p. il Tribunale di Foggia ha applicato ad un imputato la pena di anni 2 di reclusione ed euro 4.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma V,  D.P.R. 309/90, disponendo la confisca e la distruzione della sostanza stupefacente e del denaro in sequestro.

La Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 20714/18 ha però accolto  la doglianza del difensore dell’imputato, che  chiedeva la censura della decisione nella parte in cui il tribunale aveva disposto la confisca facoltativa del denaro in sequestro, nonostante non risultasse provato che la somma fosse provento di attività delittuose e nonostante l’imputato ne avesse provato la lecita provenienza.

La sentenza citata ricorda che, in tema di patteggiamento, l’applicabilità della confisca, per effetto della legge 12 giugno 2003 n. 134, è stata estesa a tutte le ipotesi previste dall’art. 240 c.p., e non più solo a quelle previste dal secondo comma di tale articolo.

Il d.l. 8 giugno 1992 n. 306, art. 12 sexies, convertito nella legge n. 356 del 1992, nel prevedere come obbligatoria la confisca del danaro o di altri beni di cui l’imputato non possa giustificare la provenienza in relazione a determinate fattispecie criminose espressamente esclude da queste ultime l’ipotesi del fatto di lieve entità previsto dall’art. 73, comma V, D.P.R. 309/90, dove pertanto può essere disposta solo la confisca facoltativa, con conseguente obbligo di motivazione sul punto.

In linea con detto principio è stato quindi affermato che, in tema di patteggiamento, per il delitto di cui all’art. 73, comma V, D.P.R. 309/90, il Giudice può, con adeguata motivazione, sottoporre a confisca facoltativa il denaro –  che rappresenta il profitto ricavato dall’attività di spaccio e non il prezzo del reato – trattandosi di cose riferibili direttamente al reato, la cui ablazione deve essere giustificata con l’esistenza di un nesso pertinenziale con l’illecito, che impone la sottrazione dei beni alla disponibilità del colpevole per impedire l’agevolazione di nuovi fatti criminosi.

Tali presupposti, tuttavia, evidentemente non sussistono nel caso deciso dalla Cassazione penale.

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